giovedì 23 ottobre 2008

La cultura organizzativa del Corpo di Polizia Municipale di Palermo, di Filippo Macaluso

La cultura organizzativa del Corpo di Polizia Municipale di Palermo.
Quante volte ci è capitato di desiderare un mondo migliore? A me tante volte! E penso che, almeno una volta, anche voi abbiate riflettuto su un mondo desiderato. In fondo siamo dei fanciulli e desideriamo vivere felici. Chi più, chi meno, sono questi i nostri sogni. Da grandi la coscienza di ciò che ci circonda modifica e limita i nostri sogni, ma continuiamo a sognare e a desiderare di vivere in un mondo a noi gradito. Inconsciamente non facciamo altro che mettere a confronto la nostra cultura, radicata nella nostra mente dai valori acquisiti nell’infanzia e modificati nella crescita, dalle credenze, dalle capacità, dai sentimenti, con quella che ci viene imposta dall'ambiente in cui ci muoviamo. E se i valori che si scontrano sono in conflitto ecco che, spontaneamente, esprimiamo un disagio interno: ansia, attacchi di panico, nervosismo, stress, sono alcuni effetti di questo vivere oggi in un ambiente troppo frenetico e lontano dai nostri valori: dalla nostra cultura.In questo approccio, nella società di oggi, gli uomini si dividono :
- in coloro che sono cresciuti già con uno spirito di adattamento che gli consente, senza scrupoli, di adattarsi a tutto, e su tutto se ne fanno una ragione: "il mondo è così, è degli opportunisti, è di coloro che sono più furbi, ed io devo essere, in questo, più bravo di tutti", o semplicemente, tirano a campare;
- altri, cresciuti con valori etici non riescono ad adattarsi ad una cultura in cui non si riconoscono e ne subiscono gli effetti, spesso, con l’isolamento.
Io sono convinto che la strada giusta sia quella dell’elevazione dei valori etici di moralità e di umanità, ma è solo una mia convinzione. Questo aspetto della vita di ogni individuo che può apparire di rilevanza prettamente personale ha, invece, una importanza di rilievo nelle organizzazioni aziendali, oggi, particolarmente attenzionato da quelle di successo. E' sempre di più un obiettivo, la ricerca di una più ampia condivisione della cultura organizzativa da parte dei dipendenti. La cultura di un’organizzazione è l’insieme di valori, convinzioni, conoscenze e modi di pensare, che mira ad avere la massima coesione dei membri.In alcune aziende la cultura organizzativa è talmente proiettata all’accumulo dei profitti che perfino gli elementi etici sono visti come degli ostacoli, per una logica degli affari: pur di raggiungere l’obiettivo, qualsiasi mezzo è giustificato, anche quello di calpestare ciò che eticamente dovrebbe essere giusto per definizione. La condivisione della cultura all’interno di un’organizzazione è, chiaramente, alla base della sua efficienza e del suo successo, in quanto fornisce ai membri un senso di identità e genera impegno nei confronti delle finalità su cui si fonda l’organizzazione. E’ abbastanza ovvio che solo condividendo la cultura dell’organizzazione i membri si sentirebbero spronati al raggiungimento di obiettivi in quanto li sentirebbero propri per il senso di partecipazione in loro generato. Addirittura avere la stessa cultura porterebbe i membri della base a essere volano di energie dal basso verso l’alto utili perché provenienti da fonti dirette.Conoscere bene la cultura organizzativa di un’azienda è fondamentale per apprendere le problematiche legate al grado di soddisfazione dei suoi membri e ai risultati di efficienza. Dopo questo excursus, sul concetto di cultura e sull’importanza che nelle aziende ci sia la maggior coesione nel condividerla, vorrei adesso analizzare la cultura organizzativa presente nel Corpo di Polizia Municipale di Palermo e come è cambiata negativamente negli ultimi anni. Il Corpo di Polizia Municipale nei suoi anni ha subito profondi cambiamenti che ne hanno modificato radicalmente i profili applicativi e relazionali interni.Fino all’anno 1997 gli operatori della Polizia Municipale erano strutturati su una base organizzativa sostenuta da un equilibrio relazionale interno legato all’anzianità. Tale circostanza generava nei dipendenti un senso di identità, più o meno grande, nei confronti dell’organizzazione interna. Questo determinava un senso di responsabilità nel riconoscere il proprio stato di subordinazione nei confronti del proprio collega più anziano, ed accettato di buon grado perché percepito giusto. Anche i profili applicativi e le relazioni esterne erano improntate alla condivisione di una cultura organizzativa che rifletteva quella del leader del capo settore. Un leader diventato tale e che riceveva la stima dei membri a lui subordinati per l’esperienza professionale maturata negli anni e per i profili umani che è semplice riconoscere in un collega anziano per la naturale associazione alla figura del fratello maggiore o del padre. Tutto questo dava, nonostante le difficoltà in ragione di una molteplicità di problematiche interne, senso d’unità. Nel 1997 un concorso interno e una infelice strategia determineranno un cambiamento della cultura organizzativa che non sarà più condivisa dalla maggior parte dei lavoratori, soprattutto dai Cobas. Principalmente, le cause che hanno determinato questo cambiamento della cultura organizzativa sono due:
- l’amministrazione comunale fa transitare dal comune dei dipendenti che prendono il posto dei capi settore, fino ad allora i veri leader, con grado superiore, riconosciuti tali dai lavoratori;
- riorganizza il corpo di polizia municipale con dei concorsi interni a titoli dove viene penalizzata la componente di anzianità che fino a quel momento era stata l’anello di sostegno più forte della struttura organizzativa; Gli effetti sono stati deleteri, per :
- un netto calo della professionalità, perché ovviamente chi passava dal comune al corpo di polizia municipale non poteva avere la competenza specifica di chi, invece, aveva potuto contare sull’esperienza maturata in anni di attività;
- un conflitto interno nei rapporti tra i dipendenti, dovuto principalmente all’inversione di ruoli: chi era stato in sottordine adesso ordinava e chi ordinava adesso era in sottordine.Un concorso interno che a fronte di una conquista, più per compromessi sindacali che per altro, e successivamente pagata anche a caro prezzo, ha creato nei rapporti interni un intreccio di ruoli. Questa situazione negli anni successivi è sempre più peggiorata anche per il nuovo sistema organizzativo in cui i dirigenti sono contrattualmente vincolati alla politica, e quindi in qualche modo da questa condizionati, oltre alla negativa circostanza che adesso non tutti i dipendenti sono uguali di fronte l'amministrazione. La maggior parte degli operatori in questa nuova cultura organizzativa con valori discriminanti ed ingiusti non si riconoscono: non condividono i valori espressi, il modo di pensare e di agire. E’ una cultura debole perché non ha il consenso generale, è limitato solo ai membri che in qualche modo appartengono al clan politico-sindacale creato per il raggiungimento e la gestione del potere su cui si basa l’organizzazione della polizia Municipale.I COBAS P.I. di Palermo, chiaramente, non condividono questa cultura di clan che attribuisce prerogative solo ai suoi membri di appartenenza e tende a tutelarli favorendoli nei percorsi interni di carriera.Vorremmo una cultura di clan, sì, ma concentrata sul coinvolgimento e sulla partecipazione di tutti e caratterizzata su principi di pari opportunità e di giustizia, su valori umani come prendersi cura dei dipendenti, delle loro esigenze e della consapevolezza dei disagi in cui essi si trovano; favorire la comunicazione e le relazioni tra la classe dirigenziale e i dipendenti per assicurare che dispongano di ciò che a loro necessiti per aiutarli a essere soddisfatti e allo stesso tempo produttivi.
Filippo Macaluso

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